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LA RICERCA

Con la dismissione militare del Friuli Venezia Giulia assistiamo al cedimento di un intero sistema che ha interessato per decenni, positivamente e negativamente, l’intero territorio regionale. Un sistema di punti collegati tra loro, che funzionavano insieme o in modo complementare, e che appartenevano a un disegno strategico di presidio e difesa dei confini. Possiamo senz’altro affermare che il Friuli Venezia Giulia è stato riletto per decenni in chiave militare: il paesaggio friulano trasformato in un paesaggio strategico. Ma il cedimento di un sistema può essere l’occasione per rafforzarne uno già esistente o per dare forma a nuovi sistemi. La riconversione dovrebbe essere impostata a partire dal riconoscimento delle caratteristiche e dei valori del sistema difensivo dismesso. Ma quali sono questi valori? Valori architettonici, paesaggistici, posizionali, ambientali, infrastrutturali.

È pensabile sfruttare proprio le caratteristiche di organizzazione e pianificazione strategica che hanno portato a costruire siti militari in certi luoghi? In altre parole, se il sistema militare è un sistema evoluto di organizzazione e pianificazione, è pensabile riutilizzare tale sistema per degli scopi completamente diversi? Facciamo un esempio molto banale, ma che serve a chiarire qual è l’asse portante del progetto Un paese di primule e caserme: il sistema militare può essere assimilato a un impianto elettrico di un’abitazione; c’è ma non si vede se non in qualche punto sparso sulle pareti. Se questo impianto elettrico cessa di funzionare, cosa si può fare? Deve essere demolito completamente tracciandone uno nuovo, rompendo tutte le pareti di casa, oppure si prova a riutilizzarne i tracciati esistenti, i quadri elettrici, alcuni fili non compromessi?

Siamo convinti che, proprio per la sua unicità, la dismissione in Friuli possa rappresentare un’opportunità per rileggere l’intero territorio regionale.

Un paese di primule e caserme è un progetto di ricerca volto a tracciare credibili scenari di riconversione del patrimonio militare dismesso con l’obiettivo di trasformarlo in un volano di sviluppo economico, culturale e sociale.

Un Commento

  1. Luca
    Pubblicato 7 marzo 2015 alle 08:23 | Link Permanente

    Tutto bene, tutto bello, tanti buoni propositi, ma quando uno cerca materialmente di dare nuova vita ad un sito dismesso senza stravolgerlo, sapete cosa incontra? Io penso di no. Non bastano progetti, ricerche e studi di fattibilità che di fatto non cambiano le cose; occorre trovare coloro che armati di buona volontà oltre che di ideee realizzino gli interventi. Non solo chiacchiere. Io ho provato, mi hanno chiuso la porta in faccia ed è ancora tutto lì che continua a deteriorarsi. Bisogna far pagare agli amministratori, che hanno in carico da decenni certi beni, il loro continuo ed inesorabile deterioramento e deprezzamento. Sono beni pagati con i soldi di tutti. Mandi.

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